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"Cosa fare a dieci anni dalla scomparsa di Gianfranco Ferroni? Come rendergli omaggio? Ho sempre pensato che la sua lunga stagione artistica sia percorsa da un filo rosso, il cui bandolo è l'introspezione. Non credo siano molti i casi, nel secondo Novecento, di artisti che si sono autoritratti in modo così ossessivo. Incisioni, fotografie, tavole, tele, qualsiasi materiale andava bene pur di autorappresentarsi: senza retorica, anzi, sempre in una forma antieroica. La sua faccia, il suo corpo, la sua ombra entrano nell'opera, silenziosamente. Come le bottiglie, i bucrani, i lenzuoli, i cavalletti, gli oggetti e le cose che con tanta grazia metteva in posa. Quindi ho deciso di realizzare un libro che raccoglie un numero significativo di suoi autoritratti, suddivisi per tecnica, ordinati temporalmente. In parallelo è stata scelta un'antologia critica delle principali voci (oggi scomparse) di coloro che si sono occupati di lui, anch'essa organizzata cronologicamente. Precede, proprio perché può essere interpretata come una sorta di autoritratto, una lettera di Ferroni in risposta a un questionario sottopostogli da Maurizio Fagiolo dell'Arco nel 1994." (A. Ceribelli)